L’ arte della Commedia, la straordinaria e geniale opera di Eduardo De Filippo fa parte della raccolta dei “giorni dispari”, le commedie scritte dal dopoguerra in poi che affrontano le difficili e problematiche questioni del vivere quotidiano, delle relazioni private e pubbliche tra gli esseri umani. Incredibile è la forza e l’attualità del testo che ci porta in maniera implacabilmente diretta a confrontarci con la mortificazione e la censura della cultura attraverso un’ambigua e allo stesso tempo tragica e farsesca commedia in due atti e un prologo.
Scritta nel 1964 è un’opera poco frequentata, apparentemente meno esplosiva rispetto ai più famosi capolavori; si tratta invece di un testo magistrale, di ampio respiro e straordinariamente imperfetto, come imperfetto è l’essere umano alla ricerca della sua identità, del suo bisogno di tutela, del suo diritto di esistere, alla ricerca insomma di risposte a quelle domande impellenti e necessarie che non possono attendere più. Manifesto del Teatro di Eduardo e traduzione in prosa delle sue lunghe battaglie per le sorti del Teatro parellele alle fatiche personali e senza aiuti, riconoscimenti e interventi delle Istituzioni per l’apertura del Teatro San Ferdinando di Napoli, L’arte della commedia ci parla del rapporto contradditorio tra lo Stato e il “Teatro” e sul ruolo dell’arte e degli artisti nella nostra società. Ma le domande, i dubbi, le responsabilità, i vincoli e le debolezze che Eduardo mette in campo ci riguardano tutti e quel “Teatro”, sia esso una compagnia teatrale, una comunità o un piccolo mondo, si fa risuonatore del nostro rapporto con il potere e con il bisogno di essere ascoltati e soprattutto riconosciuti.
“Ho iniziato a studiare L’arte della commedia prima della pandemia per la forza e la lucidità con cui Eduardo si occupa della condizione dell’attore. La commedia oggi mi parla ancora di più, perché è difficile rimarginare la ferita che in questi anni ci ha portato fin qui e non riesco ancora ad accettare che da quasi tre anni molti di noi non stanno più andando in scena e che molti teatri e compagnie siano costretti a chiudere definitivamente, a bruciare spettacoli appena nati, a non portare più gli spettacoli in giro per il mondo. Ognuno di noi a suo modo, ha subito e subisce ancora l’incendio di quel “capannone” a cui ha dedicato tutta la sua passione, tutte le sue energie, tutta la sua fiducia.
Ed è da quelle ceneri che deve nascere la voglia e il diritto di ricostruire, rivendicando un dialogo e un ruolo determinante che, fuori da ogni censura, non sia schiavo silente delle leggi della produttività e del mercato.
Mi piace anche sottolineare che Eduardo De Filippo, per raccontarci del suo pensiero sull’arte e per sollecitare l’attenzione del fondamentale personaggio del Prefetto, ci inviti a spiare da un metaforico buco della serratura le storie di esseri umani, cittadini, professionisti che ricoprono un ruolo essenziale nella società e che per questo appunto pretendono di essere ricevuti. E non è ovviamente un caso che i ruoli che qui scrive per la scena diano proprio voce alla cultura, alla sanità, all’istruzione, alla legge e a un rappresentante della Chiesa: tutti riferimenti sociali imprescindibili, tutte priorità sul tavolo su cui e con cui confrontarsi.
Eduardo così tira fuori il suo rospo in gola, non fa sconti a nessuno e affronta verità e tematiche incandescenti: la fede e la scienza, il divorzio e l’aborto, la giustizia, la corruzione e l’immobilismo di un intero paese, rivendicando con forza la funzione del teatro di farsi veicolo e di insinuare il dubbio nello spettatore, attraverso una raffica d’interrogativi irrisolti e soprattutto attraverso un intenso primo piano sulla faccia e sul corpo dell’ attore.”
Proprio nell’incontro scontro tra tutti i protagonisti della commedia penso stia il segreto del Teatro, ed è per questo che ho scelto e ho voluto con me una meravigliosa compagnia di artisti, tutti potenziali capocomici, generazioni a confronto, ognuno con il suo differente percorso personale di amore e dedizione per il Teatro, l’unione di forze che cercano giornalmente di far sopravvivere un “senso” e che cercano di portare in scena, tra mille fatiche, la numerosa compagnia teatrale che hanno nell’anima. E voglio citarli tutti a partire da Imma Villa e poi Alex Cendron, Paolo Zuccari, Filippo Luna, Michele Schiano Di Cola, David Meden, Demian Troiano Hackman, e per finire il giovanissimo Sem Bonventre.
È un onore e una gioia poter incontrare da vicino, ancora una volta, l’Arte di Eduardo a dieci anni dal lungo viaggio con Natale in casa Cupiello prodotto dal Piccolo Teatro. Confrontarsi con Eduardo è forse per me, quel granello di eternità che ossessivamente cerco attraverso l’arte. Sento con Eduardo, un fortissimo senso di vicinanza, una familiarità, forse perché nella sua scrittura, la vita e il teatro, la tragedia e la commedia, la verità e la finzione, l’illusione e la realtà si mescolano così profondamente e armoniosamente, da farsi specchio di fronte alla vita quotidiana. Forse è proprio questo confronto spietato con l’umano attraverso le sue potenti metafore, attraverso il gioco ambiguo e misterioso del teatro, che mi tiene fortemente agganciato a lui.
Devo molto alla generosità e alla fiducia di Luca De Filippo per avermi dato la possibilità di lavorare all’adattamento di Natale in casa Cupiello e altrettanta gratitudine devo a Tommaso De Filippo per avermi affidato i diritti de L’arte della commedia.”
Fausto Russo Alesi